Il Centrodestra e il cane morto (Muriu u cani) - QdS

Il Centrodestra e il cane morto (Muriu u cani)

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Il Centrodestra e il cane morto (Muriu u cani)

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martedì 19 Ottobre 2021

Meloni e Salvini sono figli, più o meno benemeriti, di Roma e Milano, le principali città al voto. Ma nessuno dei due ha avuto il coraggio di candidarsi alla guida delle propria città

Queste elezioni amministrative, e non politiche, ci danno un verdetto chiaro. Le città del centrosinistra sono rimaste al centrosinistra. Il centrodestra mutante, nonostante i sondaggi generalisti, non le ha conquistate.

Nella preoccupante disaffezione generale dell’elettorato, la sua proposta amministrativa è risultata del tutto insufficiente.

Anche nella sua città d’elezione, Trieste, non ha convinto molto.

Il centrosinistra canta il peana anche lui di una
rassicurante novella.

È tornato al piccolo mondo antico di Fogazzaro, dove la
forza mite, Letta ne è il massimo interprete, il t’amo pio bove, riassorbe la
ribellione delle persone attive che erano scappate verso i 5stelle.

Quelle passive, escluse, renitenti, prevalentemente abitanti
le grandi periferie urbane, sono rimaste a casa a guardare con maggiore
diffidenza il mondo “Glovo” che continua ad escluderli.

Non potevano essere Michetti&Bernardo coloro che
potevano convincerli a fare un gesto di democrazia inclusiva, andare a votare.

La loro candidatura mette il dito nella piaga del
centrodestra. La mancanza di generosità. I leader della destra si sono
accapigliati tristemente su chi era la maglia rosa del Giro, nelle discese
ardite e nelle risalite dei sondaggi, e sono stati ampiamente infilati nella tappa
finale a cronometro.

Meloni e Salvini sono figli, più o meno benemeriti, di Roma e Milano, le principali città al voto. Ma nessuno dei due ha avuto il coraggio di candidarsi alla guida delle propria città. Cosa che a Parigi si fa normalmente, se si vuole un domani puntare all’Eliseo.

Cosa che fece pure Fini perdendo con onore.

Se si hanno delle idee bisogna dargli gambe generose.

In caso contrario rimangono velleità di rappresentanza, che,
nel quadro enormemente mutevole della società italiana, sono destinate a
cambiar di segno come la marea.

Una cosa è chiara che il populismo degli elettori si rifugia
nell’astensione, e che il populismo politico ha esaurito la sua capacità
rappresentativa.

Ma è finito, causa astensione massiccia, anche il
bipolarismo maggioritario.

O si torna complessivamente al proporzionale, tornando sui
territori o si avrà una democrazia infimamente e pericolosamente minoritaria.

In Sicilia si dice murìu u cane, indicando chi prima
abbaiava.

È una sintesi, in volgare, di quello che registra oggi il
termometro della società politica italiana.

Domani è un altro giorno.

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