Il dato, come appurato dal Quotidiano di Sicilia, è contenuto all'interno di Farmsubsidy, archivio gestito da FragDenStaat
L’Unione europea, tramite i fondi della Politica agricola comune, potrebbe – a sua insaputa – avere contributo a favorire la latitanza di Matteo Messina Denaro? La tesi, senz’altro iperbolica, parte da una vicenda che testimonia, una volta di più, la debolezza del sistema dei controlli di quella che è la voce di spesa più importante del bilancio Ue: tra i beneficiari dei fondi, negli anni scorsi, ci sarebbero state anche Rosalia e Anna Patrizia Messina Denaro, due delle quattro sorelle del capomafia di Castelvetrano morto a settembre, nove mesi dopo la sua cattura. Il dato, come appurato dal Quotidiano di Sicilia, è contenuto all’interno di Farmsubsidy, archivio gestito da FragDenStaat. Si tratta di un’organizzazione tedesca che si batte per la trasparenza e che da tempo è impegnata in un’opera di divulgazione tramite il Freedom of Information Act (Foia), la normativa che garantisce il diritto di accesso alle informazioni detenute dalle pubbliche amministrazioni.
Piccole cifre, grandi significati
La storia che vede protagoniste la maggiore e la minore delle sorelle dell’ex primula rossa di Cosa nostra – l’uomo che per trent’anni è stato in cima alla lista dei criminali più ricercati del mondo ma che al contempo tutto fa pensare abbia goduto di coperture a più livelli – arriva nei giorni in cui le cronache raccontano dell’ultimo blitz contro la mafia dei pascoli. Ancora una volta nel mirino sono finite le cosche che operano storicamente sui Nebrodi, riuscendo a drenare risorse economiche dalle misure che l’Unione europea mette a disposizione per il mantenimento dei terreni. Un’importante porzione dei fondi – il cosiddetto primo pilastro – è erogata infatti a fronte della semplice certificazione del possesso dei campi. È qui che i clan, sfruttando un intreccio fatto di complicità e paura, riescono a presentarsi alla comunità europea come normali richiedenti. Un’operazione che spesso viene attuata tramite l’uso di prestanomi e strategie di riciclaggio dei titoli di conduzione, ma che può essere portata a termine anche senza particolari accorgimenti. Sfruttando, semplicemente, la difficoltà delle istituzioni a garantire un monitoraggio a tappeto.
Sarebbe questa la cornice in cui si sarebbero inserite le due donne. Dal database i loro nomi sono collegati a due differenti richieste di contributi con coordinate spazio-temporali che rinviano a Castelvetrano e al 2019. Nel caso dell’anno, non è facile stabilire se il riferimento è al momento dell’erogazione o dell’invio della domanda, mentre per quanto riguarda il luogo il Quotidiano di Sicilia è nelle condizioni di escludere eventuali omonimie nella città che ha dato i natali al boss e ai suoi più stretti familiari.
Per quanto riguarda le cifre, il database riporta 1.457,72 euro per Anna Patrizia e 1.428,15 per Rosalia. A fronte della difficoltà nel reperire i documenti ufficiali, che i governi sarebbero tenuti a rendere disponibili, i gestori di Farmsubsidy specificano che “in generale è buona norma considerare i nostri dati come valori minimi”.
Non soltanto sorelle di
Per quanto la loro fama sia prima di tutto al legame di sangue con Matteo Messina Denaro, le due donne sono tutt’altro che estranee alle cronache giudiziarie. Anna Patrizia, oggi 53enne, nel 2018 è stata condannata in via definitiva a 14 anni per associazione mafiosa e tentata estorsione. Rosalia, che di anni ne ha invece 68, è stata arrestata pochi mesi dopo la cattura del fratello con l’accusa di fare parte di Cosa nostra e di essere stata tra i principali favoreggiatori della sua latitanza. È con lei che Matteo Messina Denaro avrebbe mantenuto un filo diretto, tramite l’invio di pizzini, con cui il boss impartiva gli ordini ai membri dell’organizzazione criminale. “Oltre all’essere sorella affettivamente legata al latitante, Rosalia Messina Denaro – si legge nell’ordinanza che ha portato all’arresto della donna – ha assunto nel tempo un ruolo che richiede obbedienza, silenzio e connivenza, rivestendo in pieno il compito di garante per l’intera Cosa nostra della sopravvivenza del suo unico suo grande capo allora ancora latitante”.
Agea: “Difficile controllare cifre inferiori a 25mila euro”
Per quanto il database Farmsubsidy potrebbe rappresentare una stima al ribasso delle risorse erogate dalla Pac alle sorelle Messina Denaro, è molto probabile che l’arrotondamento confinerebbe i contributi in cifra comunque esigue se raffrontate a quelle che la criminalità organizzata riesce a garantirsi tramite i molteplici affari illegali che gestisce. Tuttavia, la vicenda mette in luce le difficoltà delle istituzioni nel garantire che i fondi non finiscano per foraggiare le mafie. Il problema, negli anni scorsi, era stato sollevato da Giuseppe Antoci. All’epoca presidente del Parco dei Nebrodi, Antoci è stato fautore di un protocollo di legalità condiviso in principio dalle prefetture di Messina ed Enna e poi divenuto legge dello Stato, con l’obiettivo di impedire la possibilità che i clan potessero partecipare ai bandi di gara per la concessione dei terreni demaniali.
In Italia a occuparsi delle erogazioni dei fondi europei destinati all’agricoltura è l’agenzia Agea. “In qualità di amministrazione che eroga fondi comunitari – dichiara al Quotidiano di Sicilia il direttore dell’ente Fabio Vitale – Agea opera in conformità con il codice delle disposizioni antimafia, che prevede, per aziende che detengono terreni, l’obbligo di acquisire la documentazione antimafia per importi superiori a 25mila euro. Per importi inferiori, come in questo caso – aggiunge – l’amministrazione non è tenuta a richiedere la certificazione antimafia, in assenza di segnalazione da parte degli organi di polizia giudiziaria o delle prefetture”.
Vitale, tuttavia, assicura l’impegno a migliorare la capacità di monitoraggio delle pratiche presentate dai richiedenti. “Nell’ambito della strategia antifrode, Agea ha già implementato procedure che prevedono la valutazione a campione anche per le domande con importi inferiori alla soglia prevista, basandosi su appositi criteri di rischio – commenta – Già a fine mese si avrà un primo riscontro sui due milioni di fascicoli analizzati dal nuovo sistema antifrode, che è partito nel 2024. Per casi specifici – conclude il direttore dell’agenzia – siamo in contatto con le rispettive prefetture locali per verificare tutte le situazioni di finanziamento al di sotto dei 25mila euro al fine di individuare situazioni di illegalità”.
Corrao: “La commissione europea chiarisca”
A intervenire sul tema delle possibili erogazioni alle sorelle del boss Messina Denaro è Ignazio Corrao, eurodeputato del gruppo Verdi-Alleanza Libera Europea. Corrao, che originario della provincia di Trapani, ha annunciato che non si ricandiderà alle elezioni primaverili.
Prima di lasciare Bruxelles, però, chiederà lumi sull’accaduto: “La notizia dei finanziamenti della Pac a membri della famiglia di Matteo Messina Denaro è davvero inquietante e necessita di ulteriori approfondimenti – dichiara al Quotidiano di Sicilia – È giunto il momento di fare luce sulla possibilità effettiva che la latitanza del boss più ricercato al mondo possa essere stata finanziata in parte anche con i fondi europei destinati all’agricoltura. Più volte in questi anni di impegno al Parlamento europeo, ispirato dal grande lavoro di Giuseppe Antoci, ho denunciato alla Commissione Europea che l’accaparramento dei fondi Ue per l’agricoltura da parte dei boss di Cosa Nostra era diventata una delle principali fonti di approvvigionamento della strategia economica mafiosa. Per questo – continua Corrao – sto per depositare un’interrogazione urgente per chiedere alla Commissione Europea e all’Ufficio Europeo Antifrode di setacciare i fondi della Pac che hanno potuto foraggiare le famiglie mafiose della provincia di Trapani, considerando anche il ruolo da prestanome dei fiancheggiatori che per decenni hanno protetto la latitanza di Messina Denaro”. Infine, un auspicio per la nuova legislatura europea. “Mi piacerebbe che l’Europa, che appare così lontana dagli interessi della Sicilia onesta, possa contribuire – conclude Corrao – a rafforzare ulteriormente i controlli, ispirandosi al Protocollo Antoci”.