Omogenitorialità: il caos italiano e quei bambini ancora in attesa di un’identità - QdS

Omogenitorialità: il caos italiano e quei bambini ancora in attesa di un’identità

redazione

Omogenitorialità: il caos italiano e quei bambini ancora in attesa di un’identità

Roberto Greco  |
martedì 16 Aprile 2024

A fronte delle tante e variegate situazioni presenti nella società moderna, nel nostro Paese continua a non esistere una legge per disciplinare e tutelare adeguatamente le genitorialità delle coppie omosessuali

ROMA – Il termine omogenitorialità è stato creato alla fine degli anni Novanta dall’Associazione francese dei genitori e futuri genitori gay e lesbiche (Apgl), una definizione “ombrello” che comprende diverse realtà familiari, in cui almeno un genitore ha un orientamento sessuale non eterosessuale. Questi nuclei familiari possono costituirsi in molteplici modi, dando origine a quelle che si definiscono “famiglie arcobaleno”.

Le famiglie arcobaleno

Ci sono famiglie in cui i figli o le figlie sono nati e nate dalle precedenti relazioni eterosessuali dei genitori, altre composte da madri lesbiche single o in coppia che hanno adottato o che hanno fatto ricorso alla procreazione medicalmente assistita, oppure famiglie composte da padri gay che hanno adottato o che hanno avuto accesso alla gestazione per altri. Ci sono anche famiglie composte da un uomo gay e una donna lesbica che, insieme, decidono di portare avanti un progetto di cogenitorialità insieme ai loro eventuali partner. La grande eterogeneità di queste situazioni, ma anche delle famiglie composte da genitori eterosessuali, oggi è supportata dalla complessità e dalla varietà di combinazioni possibili, dovute alla molteplicità di unioni, separazioni, ricongiunzioni, adozioni e nuove tecniche di accesso alla genitorialità cui è possibile fare ricorso. I figli possono essere quelli nati da una precedente relazione eterosessuale oppure quelli nati da un progetto della coppia stessa, facendo ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita.

Non esiste una legge che discliplini i genitori di coppia omosessuale

In Italia non esiste una legge che disciplini e tuteli la genitorialità di una coppia omosessuale. Per questo il nostro ordinamento riconosce solo la responsabilità del genitore biologico del bambino, mentre il genitore elettivo, dal punto di vista legale, non esiste. L’unico riferimento legislativo è la Legge 40/2004, quella che regola il ricorso a tecniche di Pma (Procreazione medicalmente assistita, nda). Secondo quanto affermato all’interno di questa norma, possono accedere alla Pma le sole coppie sterili o infertili con componenti maggiorenni, di sesso diverso e coniugati o conviventi in età potenzialmente fertile. In particolare lo stato d’infertilità o sterilità della coppia deve essere certificato dal medico. A queste condizioni, si è aggiunta una sentenza della Corte Costituzionale, del 2015, che ha reso possibile l’accesso alla Pma anche a coppie fertili con malattie genetiche trasmissibili, che fino a quel momento potevano percorrere soltanto la strada dell’aborto terapeutico, possibilità prevista dalla Legge 194/78.

La procreazione assistita vietata ai single e coppie omosessuali

Le tecniche di Pma sono ancora vietate ai single e alle coppie omosessuali ed è tuttora illecita la fecondazione post mortem con spermatozoi di un marito o compagno deceduto. L’approvazione della Legge sulle unioni civili, la 76/2016 ossia la cosiddetta legge Cirinnà, arrivata soltanto nel 2016 dopo la condanna dell’Italia da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo per il mancato riconoscimento giuridico dei nuclei familiari dello stesso sesso, ha reso evidente che la formazione delle famiglie arcobaleno non gode di una chiara tutela giuridica. L’adozione dell’istituto dell’unione civile ha dotato le coppie Lgb (Lesbica, gay, bisessuale, nda) di riconoscimento quanto alla relazione orizzontale tra adulti, ma ha escluso l’estensione alle coppie dello stesso sesso dei diritti relativi a qualsiasi rapporto di filiazione. I dati Istat sulle unioni civili ci dicono che dal secondo semestre del 2016, quando sono entrate in vigore, al 2021, sono state celebrate oltre 15.500 unioni.

Quante sono le famiglie arcobaleno in Italia

Ma quante sono in Italia le famiglie arcobaleno? A fronte di una crescente accettazione di questi nuclei persiste un’evidente domanda di riconoscimento, sul piano giuridico, ma si registrano segnali di chiusura rispetto alla genitorialtà Lgb e alla tutela dei nuclei già formatisi. Secondo i dati forniti dall’associazione nazionale Famiglie Arcobaleno, fondata nel 2005, che rappresenta a oggi la fonte più attendibile, anche se non ufficiale, la mappatura indica che nel 2010 il sodalizio contava 140 tra bambine e bambini figli dei suoi iscritti, mentre nel 2016 il loro numero è giunto a 560, mostrando un incremento esponenziale che corrisponde alla costante crescita di adesioni. Dall’indagine europea Fra del 2019, promossa dall’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, emerge che in Italia, su un campione di 3.881 coppie dello stesso sesso, il 5% ha figli che vengono cresciuti dalla coppia o la cui responsabilità è condivisa dalla coppia e da un’altra persona. Nell’indagine del 1995-1996 dei sociologi Barbagli e Colombo (2007), su un campione di 3.502 rispondenti non eterosessuali di 35+ anni, il 10% degli uomini e il 19% delle donne dichiarava di avere figli, prevalentemente nati da relazioni eterosessuali precedenti, o, per le donne, cercate intenzionalmente. Nell’indagine “Modi Di” del 2005, invece, su un campione di oltre 650mila rispondenti Lgbtq+, il 6% delle donne e il 3,6% degli uomini in coppie Lgb si è dichiarato genitore.

Cosa pensino gli italiani delle coppie omosessuali?

Viene da chiedersi, a questo punto, cosa pensino gli italiani delle coppie delle stesso sesso. La percentuale di italiani d’accordo o fortemente d’accordo sul fatto che coppie dello stesso sesso possano avere il diritto all’adozione è aumentata nel tempo. Nel 1993 solo il 14% degli Italiani esprimeva accordo sull’adozione per le coppie dello stesso sesso (vedi Barbagli e Colombo, 2007), mentre è arrivata, secondo un’indagine dell’European social survey, al 36% nel 2020. Secondo un’ulteriore analisi del World Value Survey, circa il 29% degli italiani si dichiara d’accordo o molto d’accordo con l’affermazione “Le coppie omosessuali sono bravi genitori tanto quanto le altre coppie”, mentre il 23% non esprime una posizione netta e il 42,2% è in disaccordo o in forte disaccordo e la restante parte del campione si rifiuta di rispondere.

Nel gennaio del 2021 la Corte Costituzionale ha emesso una sentenza per esprimersi sulla questione del riconoscimento delle famiglie omogenitoriali. La Corte ha scritto che “l’interesse del minore è quello di ottenere un riconoscimento anche giuridico dei legami che nella realtà fattuale già lo uniscono a entrambi i componenti della coppia, ovviamente senza che ciò abbia implicazioni quanto agli eventuali rapporti giuridici tra il bambino e la madre surrogata”. La Corte ha poi invitato il Parlamento a studiare e approvare una legge per assicurare gli interessi dei minori. In realtà, oggi è necessario fare i conti con una circolare emanata dal ministero degli Interni, la 3/2023 indirizzata a tutti i Prefetti della Repubblica, a diversi Commissari del Governo e dello Stato, compreso quello della Regione Siciliana, all’Anci e al ministero della Giustizia.

La circolare indica che, sulla base della decisione della Corte Suprema di Cassazione, Sezioni Unite civili, n. 38.162 pubblicata il 30 dicembre 2022, che ha deciso su una “questione di massima di particolare importanza, relativa alfa trascrivibilità in Italia dell’atto di nascita, regolarmente formato in Paese estero, di un bambino nato in Canada attraverso la pratica della gestazione per altri, cui aveva fatto ricorso una coppia omoaffettiva maschile di cittadini italiani, uniti in matrimonio presso tale Stato estero, con atto successivamente trascritto in Italia nel registro delle unioni civili” è stato affermato che “la pratica della gestazione per altri, quali che siano le modalità della condotta e gli scopi perseguiti, offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane; ciò esclude la automatica trascrivibilità del provvedimento giudiziario straniero, e ‘a fortiori’ dell’originario atto di nascita, nel quale sia indicato quale genitore del bambino il genitore d’intenzione, oltre al padre biologico, anche se l’atto di nascita è stato formato in conformità della ‘/ex/oci’; che, nondimeno, anche il bambino nato ricorrendo alla gestazione per altri ha un diritto fondamentale al riconoscimento, anche giuridico, del legame sorto in forza del rapporto affettivo instaurato e vissuto con colui che ha condiviso il disegno genitoriale, e che l’ineludibile esigenza di assicurargli i medesimi diritti degli altri bambini è garantita attraverso l’adozione in casi particolari, ai sensi dell’art. 44, comma 1, lett. d), della legge n. 184/1983, in quanto, allo stato dell’evoluzione dell’ordinamento, l’adozione rappresenta lo strumento che consente di dare riconoscimento giuridico, con il conseguimento dello ‘status’ di figlio, al legame di fatto con il ‘partner’ del genitore genetico che ha condiviso il disegno procreativo e ha concorso nel prendersi cura del bambino sin dal momento della nascita”. Il Ministero chiedeva, quindi, di fare analoga comunicazione ai sindaci, al fine di assicurare una puntuale e uniforme osservanza degli indirizzi giurisprudenziali espressi dalle Sezioni unite negli adempimenti dei competenti uffici.

Dall’inizio del 2023, a seguito della circolare 3/2023, le Procure di diverse città italiane hanno chiesto, e poi ottenuto, dai Tribunali l’annullamento del riconoscimento dei figli di coppie omogenitoriali. Nel novembre 2023, la Procura di Padova, che aveva chiesto l’annullamento degli atti di nascita di 37 bambini di coppie omogenitoriali trascritti, ha chiesto al tribunale di rivolgersi alla Corte Costituzionale per decidere se confermare o annullare gli atti di nascita dei figli di coppie formate da due donne. Si tratta di bambini concepiti all’estero con fecondazione eterologa, ossia la procreazione assistita che si fa con la donazione esterna di gameti, in questo caso di spermatozoi, e poi riconosciuti in Italia come figli di entrambe le donne della coppia. In Italia l’accesso a questa tecnica è permesso solo alle coppie eterosessuali sposate o conviventi, e per questo molte coppie gay e donne single che vogliono avere figli si recano all’estero e chiedono poi il riconoscimento del legame di parentela in Italia.

Nello scorso mese di febbraio, invece, la Corte d’Appello civile di Brescia ha preso una decisione destinata a far discutere sull’anagrafe dei figli di coppie omogenitoriali femminili. I giudici hanno respinto il reclamo con cui il ministero dell’Interno voleva cancellare in un caso la madre intenzionale dall’atto di nascita sul quale, nel 2023, l’aveva ammessa il Tribunale. Una sentenza risalente a novembre che ribalta quanto stabilito dalla Corte d’Appello di Milano che aveva accolto il ricorso della Procura, stabilendo l’esclusione della madre intenzionale dall’atto di nascita di due figli accanto alla madre gestante.

La Corte d’Appello civile di Brescia ha inoltre evidenziato “la protratta inerzia del legislatore, pur dopo il severo monito nell’ormai lontano 2021 della Corte Costituzionale” legittimando una “interpretazione evolutiva guidata dalla applicazione di principi costituzionali e sovranazionali” per “superare la mancata tutela dei figli”. Si tratta di un’interpretazione che, tuttavia, non può sostituirsi al compito del legislatore perché “il diritto vivente è appunto anche intervenire colmando lacune a fronte dell’inerzia protratta del legislatore”.

Il caso Palermo e l’appello lanciato dai sindaci siciliani

PALERMO – Approda oggi in Consiglio comunale nel capoluogo siciliano una mozione presentata dal gruppo “Progetto Palermo” che ha lo scopo di “sollecitare il Parlamento a discutere le proposte di legge in materia di riconoscimento dello stato di figli delle famiglie arcobaleno, attraverso una mobilitazione dal basso, che parta dai sindaci e dai Consigli comunali”, si legge nella mozione che il QdS ha potuto leggere prima della sua presentazione in Aula.

La discussione della mozione segue quanto successo lo scorso 26 marzo, quando l’Assemblea regionale siciliana ha approvato un’ulteriore mozione che impegna il Governo della Regione “a sollecitare il Parlamento nazionale a discutere le proposte di legge già depositata alla Camera” sulla registrazioni anagrafiche delle famiglie omogenitoriali “e comunque a modificare la normativa per porre fine alle discriminazioni in essere che determinano una grave violazione dei diritti preminenti del minore, dando seguito al monito espresso dalla Corte costituzionale con le sentenze 32 e 33 del 2021, nonché per riconoscere l’eguaglianza e la pari dignità di tutte le famiglie”. La mozione è stata presentata dai parlamentari regionali Stefano Pellegrino di Forza Italia, Gianfranco Miccichè del gruppo Misto e Valentina Chinnici del Partito Democratico e sottoscritta da altri deputati.

A Palermo due coppie omosessuali hanno adottato, tramite sentenze dei giudici inglesi, quattro bambini. Tornati in Italia, l’allora sindaco di Palermo Leoluca Orlando, non ha trascritto queste sentenze in quanto, sulla base del nostro ordinamento, un bambino non può avere due padri. La Corte di Appello di Palermo, però, ha ordinato la trascrizione condannando il Comune di Palermo e il ministero degli Interni al risarcimento di due famiglie che hanno visto la mancata trascrizione dei loro bambini. Nonostante questo, all’interno del Consiglio comunale del capoluogo siciliano, non si riesce a trattare il tema della trascrizione dei figli delle coppie omogenitoriali, più e più volte portato all’ordine del giorno e altrettante volte estromesso da qualsiasi discussione dalla maggioranza, spaccata sul tema, tanto che nello scorso mese di gennaio il capogruppo di Forza Italia, Gianluca Inzerillo, aveva lasciato l’Aula in segno di protesta dopo l’ennesimo passo falso della mozione presentata dall’opposizione.

Assolutamente in dissenso con qualsiasi presa di posizione da parte del Consiglio comunale è Sabrina Figuccia, consigliera comunale in quota Lega, che ha dichiarato che, pur trattandosi di “un argomento sicuramente importante a livello nazionale (…) il Consiglio comunale di Palermo non ha alcuna competenza” sulla registrazione dei figli nati da coppie omogenitoriali.

La posizione dell’attuale assessora alle Politiche sociali Rosi Pennino, richiesta dal QdS, è conforme a quella dell’attuale sindaco Roberto Lagalla che, in una nota, ha dichiarato: “Ho sempre espresso apertura alla trascrizione dei figli delle coppie omogenitoriali, ma sul tema ci sono vuoti normativi e come amministratore ho il dovere, prima di ogni cosa, di tutelare i minori e, proprio per questa ragione, non posso effettuare delle trascrizioni che poi non hanno alcun valore legale (…) Non dimentichiamoci che c’è una circolare ministeriale, la 3 del 2023, che allerta i sindaci su un’uniforme osservanza degli indirizzi giurisprudenziali della Corte di Cassazione che in una sentenza del 30 dicembre 2022 ‘esclude l’automatica trascrivibilità del provvedimento giudiziario straniero’. Come ho sempre detto, e continuo a sostenere, non c’è nessun atteggiamento pregiudiziale davanti a questo tema, ma per un amministratore locale è necessario che ci sia un percorso normativo a livello nazionale da seguire”.

Una richiesta di revisione della circolare 3/2023 è stata lanciata dall’Anci Sicilia, come ha spiegato al QdS il presidente Paolo Amenta: “Noi sindaci Siciliani, donne e uomini diversi per storia, cultura e orientamento politico, ci appelliamo a chi ne ha il potere. Chiediamo al signor ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, di rivedere la circolare n. 3 emanata il 19 gennaio 2023, affinché possa essere ripensata nel rispetto dei Diritti dei bambini figli di famiglie omogenitoriali. A oggi, purtroppo, con la circolare si richiede a tutti i prefetti di vigilare sull’attuazione della trascrizione dei bambini nati da famiglie omogenitoriali, impedendola a noi sindaci e ai nostri uffici competenti”.

Intervista a Stefano Chinotti, avvocato della Rete Lenford

“Una gravissima lesione dei diritti fondamentali”

PALERMO – La Rete Lenford–Avvocatura per i diritti Lgbti+ è un’associazione di promozione sociale nata nel 2007 e costituita da avvocate, avvocati, praticanti, giuriste e giuristi, studentesse, studenti e soggetti di comprovata esperienza o competenza in materie Lgbti+. Le associate e gli associati operano, senza scopo di lucro, a livello nazionale e internazionale per la tutela dei diritti fondamentali e prende il nome da Harvey Lenford, attivista giamaicano impegnato in favore dei diritti delle persone sieropositive, barbaramente ucciso nel 2005 perché omosessuale. Per meglio chiarire le problematiche relative alla trascrizione dei figli di coppie omogenitorialità oggi presenti in Italia, abbiamo sentito l’avvocato Stefano Chinotti che, tra l’altro, ha seguito il caso relativo alla mancata trascrizione del Comune di Palermo.

Avvocato, qual è la situazione nazionale?
“Le coppie omosessuali non possono procreare in maniera biologica, questo è evidente, anche perché per la procreazione serve un gamete maschile e uno femminile. Per poter procreare una coppia omosessuale, sia composta da due uomini sia da due donne, deve accedere alle tecniche della procreazione medicalmente assistita, che in Italia sono consentite, sulla base della legge 40/2004, solo alle coppie eterosessuali. La stessa legge sull’adozione non contempla la possibilità di adozione da parte delle coppie omosessuali. Oggi è però possibile recarsi all’estero per tecniche che in Italia sono vietate e le coppie omosessuali italiane possono accedervi. Nel caso di adozione, come nel caso dei papà di Palermo, si devono trasferire all’estero ed essere residenti”.

Vi sono differenze tra una coppia formata da due donne e quelle formate da due uomini?
“Le coppie formate da donne possono andare all’estero, e in Europa questa tecnica è disponibile in tutti i Paesi, per fare la Fivet (la Fertilizzazione in vitro con embryo transfer, nda), una tecnica che prevede che l’ovulo di una delle due donne sia fecondato da un seme proveniente da donatore anonimo e lo impianta nell’utero della donna di cui si è utilizzato l’ovulo e, in alcuni casi, anche nell’utero dell’altra. Questa tecnica è utilizzata anche in Italia ma solo per le donne parte di una coppia eterosessuale che, per diversi motivi, non riescono ad avere una gravidanza ottenuta attraverso la copula sessuale. Nel caso degli uomini, invece, necessariamente devono trovare una donna che porti avanti, al posto loro, la gravidanza accedendo alla cosiddetta surrogazione di maternità o gestazione per altri. Questa tecnica non è prevista in nessuno stato europeo salvo in Inghilterra, ma solo per i cittadini britannici, e in Portogallo, stato in cui il divieto è caduto a seguito di una recente sentenza della Corte Costituzionale. L’alternativa è andare negli Stati Uniti oppure in Canada, Stati in cui è consentito a una donna mettersi a disposizione per far impiantare nel proprio utero l’ovulo di una donatrice terza e fecondato con i semi di uno dei due papà. In entrambi gli Stati il bambino diventa, di fatto, figlio dei due uomini”.

Per il diritto italiano le due nascite non sono trattate, quindi, in maniera conforme…
“Sì. I figli che nascono da gestazione per altri sono nati grazie a una tecnica che, per il nostro ordinamento, costituisce reato e quindi non è legittima e colpita da una sanzione penale. La Cassazione due volte si è espressa indicando che i certificati di nascita dei nati a seguito di gestazione per altri all’estero non possono essere trascritti in Italia in quanto contraria al nostro ordine pubblico”.

Come sono iscritti, quindi?
“Come figli del solo genitore che ha donato il seme, mentre l’altro genitore deve procedere a un’adozione. Nei loro certificati di nascita si legge, però, la contraddizione perché, mentre all’estero sono riconosciuti entrambi i genitori, in Italia no. Diversa è ancora la situazione delle coppie composte da due donne, perché in caso di nascita all’estero di un bambino da due mamme, il certificato può essere trascritto. Quando però questo bambino nasce in Italia a seguito di una Fivet eseguita all’estero, la giurisprudenza non è conforme. A Padova, per esempio, il sindaco ha formulato certificati di nascita con l’indicazione delle due mamme proprio sulla base dell’art. 8 della già citata legge 40/2004, in caso di procreazione medicalmente assistita, che dice che è genitore chi esprime il consenso a esserlo. Esiste però una corrente giurisprudenziale che ritiene che non si possa fare, perché il basarsi del consenso è parte di una legge che lo ammette solo per le coppie eterosessuali”.

Sembra che le Corti d’Appello siano più possibiliste delle Corti Costituzionali…
“Sì. Il rischio per le coppie composte da due donne è che l’atto possa essere impugnato dalla Procura competente in quanto la questione non è ancora stata definita e che la Suprema Corte ha già, in molte occasioni, deciso che non è possibile. Peraltro la Corte Costituzionale, nel 2021, ha dichiarato che la scelta spetta al legislatore ma che, in mancanza di questa, riterrà di redimere la questione perché si è in presenza di una gravissima lesione dei diritti fondamentali di questi bambini che, al di là di come vengono concepiti e nascono, hanno il diritto ad avere, come tutti gli altri, due genitori”.

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