Partite Iva, “il grande pasticcio” del nuovo regime forfettario - QdS

Partite Iva, “il grande pasticcio” del nuovo regime forfettario

Salvatore Forastieri

Partite Iva, “il grande pasticcio” del nuovo regime forfettario

mercoledì 22 Gennaio 2020

Semplificazione e tax compliance, significativo passo indietro con la legge di Bilancio 2020. Applicazione dell’agevolazione resa più difficile: protestano gli addetti ai lavori

ROMA – Fino al 2014 avevamo un regime forfettario, riservato ai contribuenti di modeste dimensioni (i c.d. “minimi”), decisamente più semplice da quello attuale, che prevedeva una aliquota del 5%, sostitutiva dell’Iva, dell’Irpef e dell’Irap, applicabile sui ricavi conseguiti.

A partire dal 2015, invece, è scattato un regime fiscale diverso che prevede l’applicazione delle imposte dirette e dell’Iva in maniera unitaria e forfettaria, con un’aliquota pari al 15% e con una base imponibile corrispondente ai ricavi o compensi conseguiti, diminuiti, a titolo di costi, di una percentuale variabile in ragione dell’attività esercitata.
Per la verità, già nel 2015, ed anche prima, si avvertiva l’esigenza di un regime forfettario per i contribuenti di modestissime dimensioni, applicabile in modo veramente semplice, tale cioè da attrarre tanti contribuenti i quali, spinti probabilmente dalla confusione normativa, dalla pressione fiscale eccessiva, dalle difficoltà di applicare le disposizioni tributarie, dalla necessità di doversi sempre rivolgere ad un professionista esperto ed anche dal timore di incorrere in violazioni per errori commessi in buona fede, si sono nascosti tra gli evasori totali.

Ma il regime fiscale di cui parliamo, nonostante le segnalazioni del Garante del Contribuente per la Sicilia, è rimasto così come era stata concepito nel 2015.

Solo a partire dal 1° gennaio 2019, è stata fatta un’opera di semplificazione, ampliando la platea di contribuenti interessati dal “forfettario” (elevando il limite massimo di applicazione da 30.000 a 65.000 Euro), eliminando alcune delle situazioni che impedivano l’accesso al regime ed anche prevedendo l’estensione del regime forfettario ai contribuenti con ricavi oltre 65.000 Euro ma non superiori a 100.000 Euro, seppure solo dal 1° gennaio 2020.
Senonchè, con la recente legge di Bilancio (n.160/2019), anziché fare un passo avanti verso la semplificazione e la “tax compliance”, è stato fatto un passo indietro, abbastanza significativo.

E’ stata infatti revocata la disposizione che avrebbe consentito dal 1° gennaio 2020 l’applicazione del regime forfettario ai contribuenti fino a 100.000 Euro di ricavi e sono state reintrodotte due delle condizioni ostative all’applicazione del regime speciale.

Più in particolare, è stata nuovamente esclusa l’applicazione ai contribuenti che nell’anno precedente hanno percepito redditi di lavoro dipendente o assimilati per un importo superiore a 30.000 Euro, ed a quelli che pagano ai propri dipendenti retribuzioni o redditi assimilati d’importo superiore a 20.000 Euro.

Fortunatamente, è rimasto per i forfettari l’esonero dalla fatturazione elettronica. Resta, invece, l’obbligo della memorizzazione telematica dei corrispettivi e la loro trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate per i contribuenti che svolgono attività di vendita al dettaglio ed assimilate previste dall’articolo 22 del D.p.r. 633/72.

Evidentemente, verificandosi le cennate cause ostative, o le altre previste dalla legge, i contribuenti sono costretti ad uscire dal regime forfettario, ritornando nel regime ordinario/semplificato e riprendendo le normali registrazioni e tutte le altre disposizioni fiscali normalmente previste.

Attenzione, comunque, perché nel passaggio dal regime forfettario a quello ordinario potrebbe rendersi necessaria la rettifica della detrazione Iva che, in alcuni casi, passando ad un sistema di detrazione analitico, può comportare l’emersione di un credito, ma in altri casi l’emersione di un debito d’imposta, da versare con la dichiarazione annuale.

Per la verità, una norma (la legge 160 del 27 dicembre 2019), pubblicata il 30 dicembre 2019 ed entrata in vigore il 1° gennaio 2020, che abolisce per una parte di contribuenti un regime d’imposta introducendone un altro completamente diverso, non pare sia in linea con lo Statuto dei Diritti del Contribuenti.

Finora sono state vane le proteste di molti addetti ai lavori ed anche il Governo, ad un question time in data 16 gennaio scorso in Commissione Finanze della Camera, non è stato in grado di dare risposte esaurienti.

Sarebbe giusto, pertanto, che una grossa riflessione sul problema venisse fatta, magari rendendo operativa l’introduzione delle nuove condizioni ostativa del regime forfettario dall’anno prossimo e, comunque, rispettando la disposizione di cui al secondo comma dell’articolo 3 della Legge 212 del 27/12/2000 (lo Statuto dei Diritti del Contribuente) che stabilisce che le nuove disposizioni non possono prevedere nuovi adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data di entrata in vigore. Il problema, comunque, è quello della perdita di gettito che probabilmente è destinato a prevalere sulla violazione dello Statuto.

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Un commento

  1. elettrosmog ha detto:

    Peggio dello sceriffo di Nottingham!
    Di seguito il conteggio relativo ad attività peritale per arrotondare lo stipendio senza regime forfettario:
    incasso 10000€ anno
    trattenute:
    iva 22% 2200
    Irpef 41% 3198
    inps 25,70% 2004,6
    IRAP 4,82% 375,96
    Inarcassa 4% 312
    Addiz. Regionale 2,93% 228,54
    Addiz. Comunale 0,80% 62,4
    Totale trattenute 8381,5
    Utile lordo 1618,5
    spese annuali
    commercialista 600
    ammortamento strumenti 300
    Certificazioni tarature 300
    Carburante+pedaggi 150
    Usura auto 80
    Cartoleria stampa invio 50
    Assicurazione professionale 250
    Iscriz ordine ingegneri 120
    Sito Web 45
    Corsi per crediti formativi 80
    totale spese 1975
    ore lavorate 100
    Utile netto -356,5
    €/ora -3,57
    é possibile che per lavorare devo pagare????????

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