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Pa, fare propria la cultura del risultato unica via per vincere la sfida della modernizzazione

redazione

Pa, fare propria la cultura del risultato unica via per vincere la sfida della modernizzazione

Dario Immordino e Patrizia Penna  |
sabato 10 Febbraio 2024

Il ministro Zangrillo: “Semplificate già 150 procedure amministrative”. Barometro Pa: “Cresce attrattività tra i giovani”

“Le Pubbliche Amministrazioni che funzionano sono quelle dove i dirigenti sono scelti con cura e in base a qualità professionali e umane che agevolino gli aspetti motivazionali e di coordinamento dei collaboratori, il cui ruolo è favorire la realizzazione e l’esecuzione delle attività imprenditoriali”.

Con queste parole, Andrea De Vecchi Country Managing Partner di Andersen in Italia (una delle più importanti società di consulenza a livello mondiale) tracciava in una intervista rilasciata al QdS il profilo del bravo manager pubblico.
Queste qualità sono state sempre “merce rara” nella cosa pubblica italiana e gli effetti di questa carenza sono sotto gli occhi di tutti.

La macchina amministrativa appesantita da regole inutili

L’apparato burocratico, appesantito da regole inutili, da leggi poco chiare e da personale quasi sempre poco qualificato, non è stato in grado di offrire risposte adeguate e tempestive agli operatori economici del nostro Paese, da Nord a Sud. Fallendo così sistematicamente la sua mission di volano di sviluppo e di strumento al servizio del territorio.

Lo sa bene il ministro per la Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo che a margine dell’assemblea nazionale di Anci Giovani, ha fatto il punto sui fronti più caldi a cui sta lavorando, a cominciare dalla semplificazione.

“È un lavoro enorme che peraltro – ha ammesso Zangrillo – è pure previsto come obiettivo nel Pnrr perché io devo semplificare 600 procedure amministrative da qui al 2026, ne abbiamo già semplificate 150 e quindi siamo sulla buona strada. La prossima settimana in Cdm porterò con il decreto Pnrr altre 45 semplificazioni del mondo artigiano per cui diciamo che abbiamo innovato nel metodo, nel senso che la semplificazione non è più realizzata nel chiuso dei nostri uffici ma la facciamo con un metodo partecipativo, quindi includendo tutti i protagonisti della semplificazione, compresi soprattutto i nostri utenti che – ha concluso Zangrillo – sono quelli che devono godere dei risultati della semplificazione”.

Cresce l’attrattività dell’impiego pubblico tra i giovani

Ma c’è un altro fatto nuovo che riguarda la pubblica amministrazione e che lascia ben sperare e cioè che cresce l’attrattività dell’impiego pubblico tra i giovani: “A 7 italiani su 10 interessa un impiego nella Pubblica amministrazione non solo per il posto sicuro – ha spiegato Zangrillo – ma anche per la qualità della proposta professionale. Migliora, inoltre, la percezione degli italiani, che vedono sempre più la Pa come soggetto protagonista nei processi di trasformazione del Paese. E su un 64% di cittadini che si dice soddisfatto, sono proprio i giovani dai 18 ai 34 anni i più positivi”.

La sfida a cui la Pubblica amministrazione italiana è chiamata è chiara ed evidente: ripensare la macchina burocratica significa abbandonare quella logica di chiusura e di autoreferenzialità che ha fatto propria per troppo tempo e aprire una nuova stagione di dialogo costante col tessuto produttivo senza il quale la Pubblica amministrazione non ha alcuna ragione di esistere.

L’intervento di Dario Immordino

Sì al modello “appalti”per tutte le funzioni pubbliche

Nonostante i recenti interventi normativi concernenti la semplificazione e il rafforzamento della governance pubblica il fattore burocratico continua ad essere additato fra i principali ostacoli all’efficienza degli investimenti pubblici.

Al di là della incontrollata proliferazione di regole ed oneri burocratici, tra le principali patologie del sistema viene indicata la diffidenza delle pubbliche amministrazioni nei confronti degli operatori economici originata da una produzione normativa che ha progressivamente incentrato il buon andamento dell’attività pubblica prescritto dall’art. 97 Cost. sulla tutela della astratta legalità, attraverso la moltiplicazione degli adempimenti, a scapito delle esigenze di efficienza ed economicità dei poteri pubblici.

Corto circuito della PA: le cause

La tutela della legalità e la prevenzione ed il contrasto di corruzione e altre disfunzioni si sono tradotte in un assetto normativo pletorico, che ha ridotto la discrezionalità amministrativa e gli spazi di negoziazione con i privati, ed appesantito l’attività amministrativa con una ingente mole di passaggi procedimentali e controlli, rendendola distante dalle esigenze di tempestività ed efficienza e orientata da una filosofia iperformalistica, che ha indotto le amministrazioni a sanzionare anche inadempimenti burocratici del tutto inidonei a turbare la regolarità dell’attività amministrativa ed il conseguimento dell’interesse pubblico.

Questo paradigma regolativo ha improntato trasversalmente procedimenti di autorizzazione, concessione, finanziamento e agevolazioni, e gare di appalto, dilatandone i tempi e moltiplicandone i costi a carico dei privati ma anche dei bilanci pubblici, ed il ricorso agli strumenti e alle procedure di leale collaborazione tra pp.aa. e privati si è rivelato irrisorio.

La proliferazione di regole non ha prodotto significativi risultati in termini di legalità e recuperi di qualità e legittimità dell’esercizio dei poteri pubblici, ma ha causato gravi appesantimenti burocratici ed ha originato eccesso di formalismo e fuga dalla firma, atteggiamenti attraverso cui i funzionari pubblici hanno cercato di mettersi al riparo dalle pesanti forme di responsabilità derivanti da errori di interpretazione delle complesse norme giuridiche.

Verso l’agognata semplificazione

Negli ultimi anni ha cominciato ad affermarsi l’esigenza di un ribaltamento di queste logiche, evidenziata da una Comunicazione della Commissione europea dell’ottobre 2017, concernente Appalti pubblici efficaci in Europa e per l’Europa, che invitava le pubbliche amministrazioni nazionali a passare “da un ‘approccio puramente amministrativo a uno strategico e orientato alle esigenze, al fine di favorire gli investimenti nell’economia reale e stimolare la domanda, per aumentare la competitività basata sull’innovazione e sulla digitalizzazione”.

Questa inversione di traiettoria si fonda sulla necessità di accelerare l’iter di procedimenti amministrativi e gare pubbliche, e sulla considerazione che la proliferazione di regole, adempimenti e controlli non garantisce più efficienza, non previene né contrasta adeguatamente la corruzione (anzi, può persino favorirla), ed impone una moltiplicazione di oneri a carico di imprese e amministrazioni che fa lievitare i costi di gestione delle attività pubbliche e ne dilata la durata.

La tendenza alla semplificazione ed accelerazione delle procedure amministrative è stata ulteriormente rafforzata dall’urgenza di rendere più efficiente il settore pubblico imposta dalle nuove regole dei fondi europei e dal PNRR, che ha progressivamente alterato la traiettoria delle politiche pubbliche, incentrandola sull’efficienza e sul “risultato”.

Codice degli appalti, nuove logiche virtuose

La prima concreta sperimentazione di forme di esercizio dei poteri pubblici improntate all’espansione della discrezionalità amministrativa e alla collaborazione con i privati sarà realizzata a partire dal 1 gennaio 2024, con riferimento al settore degli appalti pubblici. Il nuovo Codice declina nuove logiche di buona amministrazione attraverso i principi del risultato, dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione, della fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta delle pubbliche amministrazioni, dei suoi funzionari e degli operatori economici, dell’accesso al mercato, della buona fede e della tutela dell’affidamento, dell’autonomia contrattuale, della conservazione dell’equilibrio contrattuale.
Il testo identifica il risultato nell’affidamento e nella esecuzione del contratto con “tempestività” e “miglior rapporto qualità-prezzo”, elementi fondamentali per realizzare l’interesse pubblico, inteso non come esigenza particolare della pubblica amministrazione, bensì come condizioni qualitative e quantitative idonee a soddisfare al meglio le esigenze generali della collettività.

In questa prospettiva le esigenze dell’amministrazione non sono più opposte ed “automaticamente” prevalenti rispetto a quelle dei privati, ma diventano direttamente strumentali a conseguire il risultato dell’interesse generale.

Trattandosi di uno strumento fondamentale di realizzazione dell’interesse pubblico il risultato viene individuato come “criterio prioritario”, che deve orientare l’esercizio del potere della stazione appaltante nella redazione degli avvisi e degli atti di gara, nella definizione dei criteri di aggiudicazione, nella valutazione delle offerte e delle anomalie, nell’affidamento dell’appalto e nella esecuzione del contratto.
Ma il principio del risultato rileva anche come criterio di validità dell’attività amministrativa, in grado di rendere illegittime tutte le condotte pubbliche ostruzionistiche e dilatorie (richieste di documenti e adempimenti non necessari, valutazioni eccessivamente formalistiche ecc) che ostacolano il conseguimento dell’interesse pubblico a definire l’appalto con “tempestività” e “miglior rapporto qualità-prezzo”.

Responsabilità per superare l’inerzia

Il principio della fiducia nell’operato dei funzionari pubblici mira a superare l’inerzia dell’amministrazione e la paralisi della firma dei dipendenti pubblici, favorendo “l’iniziativa e l’autonomia decisionale” dei funzionari, ma anche prevedendo esplicitamente un limite alla responsabilità amministrativa per colpa.
L’accesso al mercato degli operatori realizza una nuova concezione di concorrenza, intesa in senso europeo come apertura al mercato e agli operatori economici, “funzionale” al miglior risultato.
L’estensione del perimetro della discrezionalità amministrativa e la fiducia nei funzionari pubblici richiedono un adeguato sistema di misurazione dei risultati ed idonei strumenti di responsabilizzazione, coerenti con il principio che il risultato serve anche a “valutare” la responsabilità dell’amministrazione, enunciato dall’art. 1 del Codice appalti.

Sotto il primo profilo appare necessario individuare concreti obiettivi di performance delle strutture burocratiche, in considerazione degli interessi e delle esigenze coinvolte (tempestività, riduzione dei conflitti e del contenzioso) ed anche attraverso il ricorso a valori qualitativi e quantitativi standard, e verificare il risultato conseguito.

Il secondo aspetto concerne la strutturazione di un sistema di responsabilità razionale ed equo, in grado di non inibire l’iniziativa dei funzionari pubblici e premiare il conseguimento del risultato, ma anche di sanzionare adeguatamente gli abusi e le condotte che possono pregiudicare l’interesse pubblico. Al riguardo il nuovo codice degli appalti esclude la responsabilità del funzionario per gli errori derivante dall’interpretazione della giurisprudenza prevalente, ed è stata recentemente posticipata al 30 giugno 2024 la limitazione della responsabilità amministrativa.

Tuttavia nell’ambito di un sistema imperniato sulla discrezionalità e sulla efficienza della gestione il baricentro della valutazione di responsabilità del funzionario che non abbia agito dolosamente deve spostarsi dal singolo atto di gestione alla considerazione dei risultati sostanziali ottenuti.

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