Riforma autonomia delle Regioni - QdS

Riforma autonomia delle Regioni

Carlo Alberto Tregua

Riforma autonomia delle Regioni

sabato 28 Gennaio 2023

Responsabilizzare i presidenti

Non sappiamo chi abbia letto la bozza del disegno di legge presentato dal ministro per gli Affari regionali e le Autonomie Roberto Calderoli.
Non desta allarme che una parte dell’informazione omologata abbia detto falsità e cioé che il Paese sarebbe spaccato in due, che le Regioni del Sud riceverebbero meno di quanto ricevono oggi e che quelle del Nord si rinforzerebbero.
Il disegno di legge dà un indirizzo di ordine generale: responsabilizzare le attività delle Regioni a statuto ordinario.

Ricordiamo che le cinque Regioni e le due Province a statuto speciale gestiscono già numerosi servizi pubblici, che in atto nelle ordinarie gestisce lo Stato. Si tratterebbe, in altri termini, di estendere questi servizi pubblici alle Regioni ordinarie.
Non si capisce la preoccupazione di molti presidenti di Regioni a statuto ordinario, i quali dicono, invece, che questa responsabilizzazione nuocerebbe alle Regioni stesse.

La questione centrale riguarda i trasferimenti finanziari dallo Stato alle Regioni: se in base ai costi storici o a costi e fabbisogni standard. Nello stesso testo è prevista questa evoluzione.
Si tratta di stabilire quali siano i costi ed i fabbisogni standard con indici nazionali rapportati a indici regionali unificati ed in base ad essi procedere alla ripartizione dei cosiddetti trasferimenti e dei fondi strutturali dello Stato.

Per cui, il disegno di legge, migliorabile in ogni sua parte, espone già principi di equità e non si comprende la ragione per la quale molti siano insorti.
Peraltro, dobbiamo sottolineare che non tutte le Regioni a statuto speciale hanno utilizzato bene la loro autonomia. Il Friuli è la migliore, ma anche la Provincia autonoma di Bolzano, che quarant’anni fa era poverissima ed ora è diventata la più ricca di Italia. Trascuriamo la Valle d’Aosta per la sua ridottissima dimensione, con i suoi 123mila abitanti circa.

Sicilia e Sardegna sono fanalini di coda, le Regioni più arretrate sotto il profilo infrastrutturale, del tessuto produttivo del territorio, dell’economia circolare e deboli soprattutto per i due indici sintomatici: reddito pro capite e Pil pro capite.

Una delle debolezze delle Regioni, ma anche dello Stato, deriva dal suo esercizio dell’attività imprenditoriale. Le istituzioni, per propria funzione, dovrebbero stabilire le regole e controllare che tutti i soggetti le osservino. Mentre dobbiamo constatare che esse vogliono mettere le mani nell’economia non perché siano migliori nella gestione, ma perché così possono collocare i propri clientes e contribuire alla corruzione generale.

Nelle Regioni a statuto speciale vi sono decine di società partecipate fallite o in liquidazione, che continuano a restare in vita per pagare consigli di amministrazione, revisori, liquidatori ed altri. Tutto a perdere, con uno spreco di denaro pubblico inverosimile, di cui però l’informazione omologata non parla: chissà perché!
Ora, con il disegno di legge sulle autonomie delle Regioni a statuto ordinario, è forse venuto il momento di revisionare anche gli statuti delle Regioni autonome.

Quale sarebbe l’obiettivo di questa revisione? Responsabilizzare il ceto politico, il quale ha il dovere di guidare la Pubblica amministrazione in modo che essa esegua puntualmente e regolarmente il proprio indirizzo, perché così in atto non accade.

I dirigenti regionali sono più potenti degli assessori: dicono infatti che i politici cambiano, mentre i burocrati restano, anche se ruotano. Si tratta di una cancrena che ha indebolito fortemente le istituzioni e ha dimostrato la sua carenza (per esempio per tutto il triste periodo del Covid quando il sistema sanitario ha manifestato buchi vistosi nella sua organizzazione e nel suo organico).
Non sappiamo se il disegno di legge in esame continuerà la sua strada e se approderà ad una legge di riforma. Sappiamo però che l’intento è buono e adesso, come prima si scriveva, bisogna che si provveda anche alla riforma delle Regioni a statuto speciale.

Si tratta di una legge costituzionale, con un lungo e travagliato tragitto, ma bisogna tentare di imboccarlo e possibilmente di concluderlo. Con buon senso!

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