Tangenti: operazione "Cuci e scuci" a Palermo, quattro arresti - QdS

Tangenti: operazione “Cuci e scuci” a Palermo, quattro arresti

Pietro Crisafulli

Tangenti: operazione “Cuci e scuci” a Palermo, quattro arresti

martedì 07 Maggio 2019

Eseguite anche altre dieci misure cautelari. Coinvolti funzionari del Provveditorato delle opere pubbliche e imprenditori accusati di corruzione, falso in atti pubblici e truffa aggravata

Quattro arresti sono stati eseguiti della Polizia di Stato, contestualmente ad altre dieci misure cautelari, nel corso dell’operazione denominata “Cuci e Scuci”, nei confronti di imprenditori e funzionari del Provveditorato Opere Pubbliche di Palermo accusati di corruzione, falso in atti pubblici e truffa aggravata ai danni dello Stato.

I provvedimenti sono stati emessi dal gip del Tribunale di Palermo, su richiesta della Procura della Repubblica. L’indagine, svolta dalla Sezione Anticorruzione della Squadra Mobile di Palermo, ha svelato un sistema di tangenti nel settore degli appalti per opere pubbliche che ha interessato un importante distretto ministeriale.

L’input alle indagini lo ha fornito la denuncia di un imprenditore edile, al quale erano state chieste “mazzette” da parte di alcuni funzionari in servizio presso il Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche per lavori di ristrutturazione di una scuola elementare in provincia di Palermo.

Le indagini sono coordinate del procuratore aggiunto Sergio Demontis e dei sostituti Pierangelo Padova e Giacomo Brandini.

Al centro dell’indagini ci sono alcuni appalti per le ristrutturazioni di uffici pubblici.

Nel dicembre del 2017 era scattato un blitz degli agenti della Squadra Mobile di Palermo negli uffici del Provveditorato in piazza Verdi a Palermo.

Un imprenditore aveva denunciato di avere subito pressioni da parte di alcuni funzionari e richieste di mazzette.

Erano stati notificati cinque avvisi di garanzia dalla sezione Reati contro la pubblica amministrazione della Mobile.

In quell’occasione era stata anche sequestrata la documentazione riguardante alcuni lavori fatti a Palermo e provincia: al padiglione 18 dell’Università di viale delle Scienze, in un dipartimento di via Archirafi, in un appartamento delle forze dell’ordine e ancora alla caserma dei carabinieri di Capaci. Sotto osservazione quattro lavori a Enna: per la sistemazione di alcuni immobili dei vigili del fuoco, dell’Agenzia delle Entrate e della caserma della polizia intitolata al commissario Boris Giuliano; sospetti di mazzette anche sulla ristrutturazione della Chiesa di San Benedetto, nel Comune di Barrafranca.

Sequestrata pure la documentazione che riguarda le scuole “Ansaldi” di Centuripe ( Enna), “Luigi Pirandello” di Villadoro (Nicosia), “Piraino” di Casteldaccia e “La Pira” di Sant’Alfio (Catania).

I nomi degli arrestati

L’indagine riguarda diversi pubblici ufficiali in servizio nel provveditorato interregionale alle opere pubbliche a Palermo: gli ingegneri Carlo Amato,Claudio Monte, Franco Barberi e il geometra e geologo Antonio Casella sono agli arresti domiciliari.

L’architetto Antonino Turriciano e l’assistente geometra Fabrizio Muzzicato sono sottoposti alla misura della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio per un anno. Divieto di contrattare con la pubblica amministrazione per un anno per otto titolari di altrettante imprese edili con sede nelle province di Palermo, Enna, Messina, Agrigento.

Al centro delle indagini quello che gli inquirenti hanno definito “sistema Amato”. L’ing. Carlo Amato, uno dei funzionari ai domiciliari aveva ideato un meccanismo portato avanti con spregiudicatezza e accortezza.

I cellulari venivano lasciati ai colleghi, perché anche spenti possono essere intercettati, e si avanzava la richiesta di denaro.

La strategia di Amato non era condivisa da Casella e Muzzicato, anche loro indagati, i quali teorizzavano invece una strategia più sottile e meno rischiosa: era opportuno che fossero gli imprenditori di loro iniziativa a fare “un regalo” come ricompensa per i favori ottenuti.

I favori consistevano, oltre che in una celere trattazione del procedimento amministrativo propedeutico alla liquidazione dell’importo dei lavori appaltati, nell’adozione di una perizia di variante contenente costi gonfiati. In questo modo l’imprenditore si sarebbe sentito quasi in dovere di sdebitarsi con i pubblici ufficiali e loro avrebbero così potuto accettare con serenità il “regalo”, a meno di avere a che fare con un “bastardo” disposto a rivolgersi alle forze dell’ordine.

La denuncia di un imprenditore

L’indagine della squadra mobile di Palermo è nata proprio dal coraggio di un imprenditore edile che si era aggiudicato i lavori per la ristrutturazione di una scuola elementare in provincia di Palermo e che non ha voluto pagare né fare regali ai funzionari pubblici.

“Le dichiarazioni dell’imprenditore – ha affermato Rodolfo Ruperti, capo della squadra mobile – sono state il punto di inizio delle indagini. Il titolare dell’impresa non si è piegato alle richieste dei funzionari. Poi sono iniziati i pedinamenti, gli appostamenti e le intercettazioni che hanno fatto emergere un sistema che a nostro avviso andava avanti da tempo. Gli appalti tenuti sotto osservazione sono stati numerosi; quelli che hanno portato agli arresti di oggi sono otto”.

I funzionari avrebbero preteso pranzi, cene, regali e naturalmente denaro, per migliaia di euro.

“Un rapporto corruttivo di ‘do ut des’ – ha aggiunto Ruperti – attraverso il quale i funzionari piegavano l’interesse pubblico dell’opera ai fini del loro arricchimento. Le stazioni appaltanti non erano complici di questo meccanismo, che avveniva tra l’imprenditore e il pubblico funzionario preposto al suo controllo”.

Le intercettazioni

Amato, come si legge nell’ordinanza del gip, aveva invece chiesto senza troppi preamboli all’imprenditore Lorenzo Chiofalo ottomila euro da dividere proprio con Casella e Muzzicato rispettivamente Direttore Operativo, e Ispettore di cantiere.

“Onestamente avevo pensato di chiudere tutto il totale a cinque (cinquemila. ndr), in base ai conti che mi sono fatto”, ha risposto Chiofalo, intercettato.

“Veda lei – aveva risposto Amato – Mi pare poco, però sinceramente di primo cuore, perché dico, volevo dare tremila euro a tutti e due e cinque io, però.., ripeto non mi pare che siamo, siamo lontani dalle idee insieme”.

Nel dicembre del 2017 arriva al provveditorato delle opere pubbliche la polizia. Sequestra documenti e notifica gli avvisi di garanzia ad alcuni indagati.

Tre dei quattro finiti ai domiciliari Franco Barberi, Antonio Casella e Claudio Monte, si riuniscono per capire chi li aveva traditi. Mentre parlano intercettati dalla squadra mobile cominciano un lavoro di distruzione di prove.

“Questo – dice Barberi – che c’ha la fissa del..”. E Casella, “Del paladino della giustizia”. “Ma magari gli sparassero, conclude Monte”.

Tangenti anche per i beni confiscati alla mafia

Tangenti venivano richieste anche per la ristrutturazione dei beni confiscati alla mafia. Due i casi scoperti nell’operazione “Cuci e Scuci”: un alloggio da destinare ai carabinieri in via Giusti a Palermo e una villa che doveva essere trasformata nella nuova caserma dell’Arma a Capaci (Palermo).

“Quindi qui quando poi ci sarà l’inaugurazione verrà il Ministro dell’Interno, verranno Prefetti… cioè, una cosa ovviamente che finisce sopra … in televisione perché, ah dice, nella casa del mafioso ci abbiamo fatto la caserma dei carabinieri. Quindi il lavoro tra l’altro si deve fare in una certa maniera, insomma non è una cosa, una minchiata … “.

Così discutevano il geometra e geologo Antonio Casella e l’assistente geometra Fabrizio Muzzicato – intercettati il 14 luglio 2017 – di una villa confiscata alla mafia e destinata a ospitare la nuova stazione dei carabinieri di Capaci , con annessi alloggi di servizio.

“Importo del finanziamento, 500 mila euro. La società si aggiudicava l’appalto espletato – scrive il gip – con la solita procedura negoziata, offrendo un ribasso del 39.50%. Il Pubblico Ufficiale, che in generale criticava la scelta di recupero dell’immobile e temeva che i lavori effettuati non avrebbero superato la verifica sismica, contava comunque – sostiene il giudice – di far recuperare introiti all’impresa, affidando ad essa gli appalti relativi ai lavori di completamento”. Oltre alla villa c’è anche un appartamento in via Giusti, a Palermo, confiscato ad un mafioso e destinato ad alloggio di servizio per un sottufficiale dei carabinieri, in cui sono necessari lavori di ristrutturazione (adeguamento impianti elettrici e idrici).

La struttura era stata affidata dall’agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata ai Carabinieri.

Il ministro grillino Toninelli, sui social, ha ringraziato l’imprenditore “che ha denunciato il malaffare dietro la ristrutturazione di una scuola elementare”.

“Ho avviato immediatamente – ha aggiunto – una ispezione Mit per verificare le procedure degli appalti coinvolti. Niente è più come prima grazie allo Spazzacorrotti”.

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